Alla vigilia del Giubileo della Misericordia Papa Francesco scriveva nell’Evangelii gaudium … “I migranti mi pongono una particolare sfida perché sono Pastore di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti. Perciò esorto i Paesi ad una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali. Come sono belle le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!” (n. 210).
Parole forti per richiamare la comunità a costruire relazioni, legami, città partendo dall’incontro con i migranti con la volontà di sottolineare l’importanza della Chiesa di essere vicino a chi ha più bisogno, accogliendolo e accompagnandolo nel percorso dell’integrazione sociale, e, inoltre, sensibilizzare le comunità accoglienti. S’interroga su cosa può fare la Chiesa per essere pronta a rispondere alle esigenze di una società multietnica in continua crescita dove i cittadini del mondo sono chiamati ad aprire nuovi percorsi di integrazione e accoglienza prevenendo il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo e della xenofobia. E la risposta la troviamo nel Vangelo: la misericordia!
“PROTETTO. RIFUGIATO A CASA MIA” è e vuole essere dentro l’Anno della Misericordia un’opera segno della nostra Chiesa Diocesana. Un progetto innovativo che può diventare stile e paradigma per le Diocesi, dopo la prima e positiva sperimentazione di tre anni fa con alcune realtà pilota e che ha registrato un successo di partecipazione, oltre ogni aspettativa. Questo percorso ambizioso riassumibile in due parole chiave: accoglienza diffusa e integrazione come esperienza vissuta in totale gratuità.
Il progetto vedrà coinvolte: 70 Diocesi, 172 Parrocchie, 193 Famiglie, 81 operatori, 38 istituti, 1031 beneficiari.
“Protetto. Rifugiato a casa mia” mette insieme rifugiati e famiglie che avranno l’opportunità di sperimentarsi nell’accoglienza.
Non si tratta, quindi, di offrire solo un tetto e pasti, ma di accompagnare le persone accolte in casa a diventare autonome e a inserirsi gradualmente nel contesto sociale. Contemporaneamente, la casa che accoglie diventa segno tangibile di integrazioni possibili e a misura di ogni persona.
Il progetto prevede infatti l’accoglienza di singoli o di nuclei familiari per sei mesi, attivando in famiglie, comunità e territori tutto quanto può fare integrazione.
Al centro c’è la famiglia, stimolata a scommettere sul protagonismo dei rifugiati per consentire loro di raggiungere quel grado di autonomia ed emancipazione così difficile da realizzare in grandi strutture e centri creati prioritariamente per contenere.
Il progetto prevede, dapprima, una selezione accurata dei luoghi dedicati all’accoglienza, delle famiglie accoglienti, delle famiglie tutor e dei beneficiari, successivamente arriva il momento dell’incontro e dell’accoglienza coadiuvato dalla presenza degli operatori diocesani opportunamente formati che fungeranno da supporto e da mediatori.
E così si avvia il viaggio per l’accoglienza e per l’integrazione…
durante il quale diventa fondamentale l’integrazione tra famiglia/parrocchia/istituto religioso e beneficiario, ma anche tra beneficiario e territorio.
Il beneficiario avrà la possibilità di partecipare alle iniziative presenti sul territorio e di condividere esperienze con le realtà e le persone prossime alla famiglia, anche per questo Protetto offre un “Kit d’integrazione”(insieme di attività utili all’inserimento).
Il progetto deve tendere ad attuare interventi per supportare il perseguimento di alcuni obiettivi quali:
• Orientamento e accompagnamento all’inserimento sociale sul territorio dei beneficiari.
• Orientamento e accompagnamento all’inserimento lavorativo.
• Orientamento e accompagnamento all’inserimento abitativo.
L’obiettivo principale del progetto rimane il recupero del senso e del valore dell’accoglienza a beneficio di tutti i soggetti coinvolti: i migranti, le famiglie accoglienti e famiglie tutor, le parrocchie, la nostra comunità.
Hanno offerto la disponibilità per questo progetto alcune famiglie di Putignano,Conversano, Monopoli e Pezze di Greco, l’istituto delle suore passioniste di Cisternino e una casa della Diocesi donata dal compianto don Gesumino Caprera in Monopoli.
L’esperienza comunitaria è la forza profonda che deve accompagnarci, non solo in questo progetto, ma sempre, perché si comprenda la diversità non semplicemente come fenomeno di una parte della nostra società, ma anche come parte di noi stessi. Più comprendiamo noi stessi, più comprendiamo l’altro, ma anche la conoscenza dell’altro ci viene in soccorso per capire la nostra essenza e trovare il coraggio di scegliere. Quindi è importante e fondamentale promuovere un incontro tra culture così da riuscire a creare una nuova società interculturale aperta al dialogo e all’incontro con l’altro.
Per informazioni:
Caritas Diocesana Conversano – Monopoli
Don Michele Petruzzi 347.966.42.77
Adriana Colacicco 380.474.46.90