Il Terz’ordine di san Francesco e l'Enciclica del pontefice Leone XIII.
Nel settimo centenario della nascita di san Francesco d'Assisi, Leone XIII pubblicava l'enciclica Auspicato concessum del 17 settembre 1882, per promuovere il Terz'ordine francescano. Don Luigi Guanella divulgò il testo pontificio con questo suo opuscolo, nel quale commentava brani dell'enciclica presentando episodi della vita del santo. Per la parte biografica su san Francesco l'autore attinse principalmente all'opera del francescano francese Candido Chalippe,Vita di s. Francesco, utilizzando la quarta edizione della traduzione italiana, da cui trascrisse diversi brani. Sono trenta conferenze per i terziari di san Francesco scritte con l'intento di informare i lettori allo spirito dell’illustre patriarca.
Una buona madre, la povertà
Francesco spesso lo diceva ai suoi: "Una buona madre è la povertà". Mentre noi ci stacchiamo dalla terra per pensare a Dio, il Signore buono si volge a noi per soccorrerci. Mentre con tutte le forze attendiamo al bene del nostro prossimo, questi si muove a compassione per non lasciarci stentare nelle sofferenze della fame o della sete. Il pontefice Leone XIII … dice: "In verità, in tempo di oppressione e di prepotenze, Francesco stende continuamente la mano al debole oppresso, e nella inesauribile ricchezza della sua povertà non lasciò mai di alleviare l'indigenza altrui, dimentico della propria". Francesco si elesse a propria madre la povertà. Voleva per sé e per i suoi questo degli apostoli: "Quando noi abbiamo pane da appressare alla bocca ed una veste per ricoprirci, di questo noi siamo contenti".
"La capanna, in cui abitavano i poveri evangelici, era sì piccola e sì angusta che ben lungi dal potervi stendere le loro membra, appena trovavano luogo per sedersi, tanto che il buon padre si vide obbligato ad assegnare a ciascuno il suo posto, scrivendo i loro nomi sopra i travicelli, affinché potessero far orazione e pigliar riposo senza scomodarsi. …
La vita che quivi condussero fu così stentata e così povera che spesse volte, non avendo altro che un tozzo di pane, erano costretti dalla necessità a ricercare per la campagna erbe e radici, delle quali si cibavano con piacere, godendo più di nutrirsi di lacrime che di ogni altra vivanda".
Francesco era cresciuto in fama di personaggio illuminato e molti personaggi illustri andavano alla Porziuncola a visitarlo. Frà Cataneo, vicario, profittò di un'assenza di Francesco per costruire una abitazione meno disagiata. Ma il poverello nostro in vedere disse: "Questo luogo è la regola ed il modello di tutto l'Ordine. Voglio che quelli i quali vengono in questo luogo soffrano, come quelli che qui dimorano, gli incomodi della povertà, affinché possano dire agli altri quanto poveramente si viva in Santa Maria della Porziuncola; perché se gli ospiti vedono che sono alloggiati in una abitazione comoda e provveduti di quanto sanno desiderare, intenderanno di aver altrettanto nelle loro provincie e diranno che non hanno più di quello che si fa in Santa Maria degli Angeli, la quale è l'origine dell'istituto". Nel 1218, dopo un viaggio assai lungo, rientrò in Assisi e trovò che accanto al convento si era innalzato altro edificio più comodo.
Francesco con altri montò subito al tetto per scoprirlo e atterrarlo mano a mano. Ma vennero a dirgli che quello era della città di Assisi, e donato per non soffrire il rossore di vedere molti religiosi venuti da lungi ed esser costretti a dormire alla campagna. Rispose allora Francesco:"Se questa casa è vostra, io la lascio e non voglio toccarla; noi non ci daremo mai pretensione veruna, né io né i miei frati; abbiatene cura voi stessi". Nel Capitolo del 1219, i frati sotto le loro povere capanne avevano per letto le stuoie stese per terra e legno per capezzale. Il cardinal Ugolino e altri personaggi illustri, ammirando, dicevano: "Ecco se è vero che la strada del cielo è angusta e che è difficile ai ricchi l'entrare nel regno di Dio. Noi ci lusinghiamo di operare la nostra salute godendo le dolcezze di questa vita e pigliandoci tutte le nostre comodità, mentre questi, per salvarsi, di tutto si privano, macerano i loro corpi e non lasciano con tutto ciò di temere. Noi vorremmo morire come essi, ma non vogliamo vivere come essi vivono, e frattanto si muore come si è vissuto". Simili riflessioni bastarono a convertire un gran numero di persone, e durante il Capitolo più di cinquecento persone presero l'abito di frate Minore.
Francesco vedendo un cencioso di lui ancor più meschino diceva "Ecco un povero che ci fa vergognare. Noi abbiamo scelto la povertà perché fosse la nostra ricchezza particolare, e pur vedete come ci sopravanza". Il poverello d'Assisi voleva per sé un cibo che appena bastasse per tenerlo vivo. Questo cibo gli era più caro se gli era dato per elemosina. Per vestito gli abiti più incomodi e sucidi, e per abitazione le celle più disagiate. … Avendo poi saputo che oltremonte si fabbricavano conventi spaziosi, disse: "Dopo di noi verran degli altri, i quali fabbricheranno dei conventi sì grandi che vi si potranno alloggiare dei signori, e porteranno delle tonache molto buone, ma allora sarà assai che schivino i peccati mortali". … Diceva: "Chi desidera giungere alla perfezione, deve rinunziare non solo alla prudenza del mondo, ma in certo modo alle lettere ed alle scienze perché essendo espropriato di tal sorta di beni, mettasi al coperto sotto la potenza del Signore, si ricordi solo della giustizia di lui, e spoglio di ogni cosa si getti tra le braccia del Crocifisso. In quanto non è rinunziare al secolo interamente il conservare nel segreto del cuore attaccamento ai suoi lumi e al suo proprio parere". Ammoniva i suoi così: "Fate in maniera che in ogni cosa tra voi risplenda la povertà, principalmente nelle vostre abitazioni, e non vi dimorate come se fossero vostre, ma come in case altrui, a guisa di viandanti e pellegrini". Porgeva l'esempio del Salvatore, del quale è scritto: "Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo han luoghi dove fare i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha ove posare il suo capo". E diceva: "Quando nostro Signore andò a digiunare nel deserto, dove stette per quaranta giorni e quaranta notti, non si fece preparare alcuna cella né alcun altro coperto, ma pigliava riposo nella caverna del monte". Intanto commendando la santa povertà la chiamava sua signora, or sua madre, or sua sposa. Noi che siam tratti fuori dalla terra, che ci tocca percorrere e volger le mani entro e con sudore bagnare la terra, fortunati noi se, stando con la persona in terra, voliamo in cielo con gli affetti del cuore. Il Signore ha detto: "Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli".
Da ‘Il Terz’ordine di San Francesco’ di don Luigi Guanella