Parrocchia Sant'Antonio di ALBEROBELLO

Foto14Un Poverello di Cristo memorie per le feste mondiali del settimo centenario dalla nascita di San Francesco d'Assisi. Questa breve vita di san Francesco d'Assisi(1182-1226) fu stesa da don Luigi Guanella per il settimo centenario della nascita del Poverello, celebrato nell'ottobre 1882, e fu dedicata ai membri del Terz'ordine francescano a cui anch’egli era iscritto. È la prima delle due biografie che l'Autore dedicò alla figura del santo, manifestazione della sua devozione che si esprime anche in frequenti richiami a san Francesco soprattutto negli scritti pastorali. L'opuscolo fu stampato nel 1882 a Como. La vita di san Francesco è ripercorsa dall'A. in quindici brevi capitoli, secondo la "concezione tradizionale, tracciata già da san Bonaventura e poi rafforzata dal libro delle Conformità di Bartolomeo da Pisa: Franciscus alter Christus. Ogni capitolo si apre con qualche fatto della vita di Cristo o qualche insegnamento evangelico che trova corrispondenza nella vita di Francesco".

San Francesco - Il divin Salvatore diceva a tutti: "Siate perfetti come è perfetto il mio celeste Padre". Incoraggiava tutti ad esser buoni con magnifiche promesse: "Quelli che credono, sentiranno scorrere acque vive dal seno come le onde di fiume maestoso". Alludeva con ciò ai prodigi di grazia che avrebbero ottenuto e operato i seguaci suoi. A tutti diceva parimenti: "Esultate, o giusti". E concludeva: "Dopo aver operato in ogni ora della giornata, venuta la sera, recatevi a me come servi inutili, perché il volere ed il potere per fare ve lo porgo io".

 

Il poverello di Cristo, Francesco, imitò questi esempi del suo divin Maestro. Volle la perfezione per sé e l'ottenne fino all'ottavo grado di beatitudine, che è di patire ed essere spregiato per Iddio. Desiderò la cristiana perfezione agli altri e l'ottenne per molti ne' suoi pellegrinaggi all'Italia, alla Francia, alla Spagna. Nell'impeto del suo amore scriveva agli uomini di tutto il mondo così: "A tutti i cristiani, chierici, religiosi,laici, uomini e donne che abitano in tutta la terra. Oh, quanto sono benedetti e beati coloro che amano Dio e fanno come dice Gesù Cristo nell'Evangelo: Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua, e il tuo prossimo come te stesso. Amiamo dunque Dio e adoriamolo con puro cuore e con mente pura, poiché egli chiese questo soprattutto dicendo: I veraci adoratori adoreranno Iddio Padre in spirito e verità, e quelli che l'adorano sì il debbono adorare, in spirito e verità. Salute nel Signore".

 

Inculcava poi la frequenza ai santi Sacramenti e l'opere pie di elemosina e di obbedienza, che fanno il cristiano virtuoso e santo. I doni dello Spirito Santo nel cuor di Francesco erano come le acque di fiume,continue, scorrevoli, abbondanti. Al succedersi delle feste del Natale del Salvatore, Francesco andava nella foresta, fabbricava una stalla a modo di presepio con altare per la santa Messa. Il popolo gli teneva dietro. Egli predicava e gli altri piangevano in ascoltare. Più volte fu veduto Gesù bambino discendere a posarsi fra le braccia di Francesco. Altra volta questi fu veduto elevarsi estatico in alto per incontrare Gesù e venire dolcemente salutato da uno splendore di luce celeste.

 

Era morto in odore di santità un frate Pietro Cattaneo, addì 2 marzo 1224. La gente traeva al sepolcro di lui. Pregavano e ne ottenevano grazie di guarigione. Deponevano sulla tomba i loro doni e facevano addensare la folla di pellegrini. Questo disturbava alquanto la solitudine e la disciplina dei frati. Perciò Francesco venne là e disse: "Frate Pietro, mi hai sempre obbedito durante la vita. Esigo che tu mi obbedisca anche adesso. Quelli che ti vengono a visitare ci disturbano troppo, lo spirito di povertà si altera, il silenzio è rotto, la disciplina è rilassata. Ti comando dunque in nome dell'obbedienza: falla finita con tanti miracoli". E Pietro obbediva e il concorso cessava.

 

Erano le feste di Pentecoste. Il cardinale Ugolino era venuto ad assistere alla seconda adunanza generale, detta Capitolo. Francesco comparve alla testa de' suoi. Erano cinquemila. Si attendarono in tante celle fabbricate con rami d'albero e dimorarono in discorsi e in trattati nei campi in giro e dentro alla chiesa della Madonna degli Angeli. I discepoli baciavano le mani al proprio maestro ed egli volgeva a ciascuno ed a tutti una parola di conforto. Diceva: "Il Signore ti guardi e ti benedica e volti la sua faccia verso di te. Il Signore abbia di te misericordia e ti dia pace. Il Signore ti dia la sua santa benedizione". Voleva poi che tutti stessero allegramente. Se uno gli veniva incontro in atteggiamento mesto, subito diceva: "Piccolo frate, che cosa hai che sei mesto? Hai forse commesso qualche peccato? Non sai? Solo la colpa deve rattristarci".

 

Quando Francesco si avvicinava ai paesi ed alle città, suonavano le campane a festa. Il clero e il popolo venivano ad incontrarlo. Si intonavano cantici di gioia. I peccatori in vederlo gridavano: "Misericordia, o Signore". I nemici si riconciliavano in fraterno abbracciamento. Francesco poi apriva il suo cuore ai discorsi di salute. Venuta la sera, si ritirava in una capanna a flagellarsi per tante colpe che diceva aver commesse. Fu veduto appendersi una corda al collo e poi farsi strascinare per le vie della città, e intanto gridar pietà e piangendo esclamare: "Francesco, eccolo il servo del Signore, ma inutile e peccatore".

 

Percorrendo in umiltà le vie di Roma si accostò al San Pietro. Gli occhi suoi si scontrarono in quelli di un uomo santo. Corse ad abbracciarlo. Era san Domenico. Questi alla sua volta baciò in fronte Francesco. Così si dissero discorsi consolantissimi. Ma Domenico per ultimo strinse nella sua destra il cordone di Francesco e disse: "Non potrei separarmi da voi prima che mi abbiate concesso in memoria questa fune che vi cinge". Francesco chinò lo sguardo, obbedì e disse: "Sia dunque esso il memoriale del patto di unione che starà in eterno fra il mio Ordine e l'Ordine vostro. Facciamo bene e lodiamo tutti il Signore".

Da ‘Un Poverello di Cristo’ di don Luigi Guanella