Qualcosa di Lui
E’ possibile di don Guanella fissare qualche tratto esteriore: nulla riservava per sé, si presentava buono, amabile. Cercava sempre le vie del cuore. Non trascurava la delicatezza di una cortesia semplice, ma intensa. Curava la sapienza dei piccoli gesti ed rivelava molta pazienza nell’attendere.
Fu afferrato subito dal cuore del Vangelo: Dio è Padre e tratta l’uomo da figlio, come primo interlocutore, destinatario delle sue cure e dei suoi doni, tanto più se debole e nel bisogno.
“Iddio Padre è ricco come un mare, che quante acque riceve tante ne sparge alla terra e non diminuisce mai. Iddio Padre premia te dei servizi che gli presti e ti guarda con amorevolezza, come se non avesse a pensare che a te solo. Rassomiglia al sole, che sta nel mezzo del cielo e manda luce e calore tanto al monte che al piano, allo scoglio come al mare, e guarda a tutti, ma nello stesso tempo rivolge i suoi raggi proprio a te, come se non avesse a provvedere che a te solo” (Don Guanella).
Per don Guanella la vita è la storia d’amore tra Dio Padre e noi tutti suoi figli. La convocazione esplicita ad entrare nella sua famiglia ci giunge attraverso Cristo, che il Padre pone sulle strade degli uomini come fratello maggiore e guida.
L’infelice, il bisognoso entrano a pieno titolo in questa famiglia: dalle giovani serventi e dai bambini orfani o di strada, agli anziani, ai malati terminali, ma soprattutto a coloro che rischiano l’emarginazione, perché considerati ‘umanità di seconda categoria’, oggi chiamati ‘diversamente abili’. Don Guanella fa loro spazio nelle sue Case, prende ad istruirli per quanto possibile, li considera prediletti di Dio (li chiama ‘Buoni Figli’), parte preziosa della società, perché investiti di un compito: contestare che il valore di una persona risieda nelle sue facoltà mentali o fisiche. C’è un’altra intelligenza.
La pedagogia in casa Guanella è detta in due parole: a tutti poter offrire “Pane e Signore”.
“Pane”, come attenzione allo sviluppo fisico, intellettivo e anche psicologico della persona. “Signore”: con l’occhio ai bisogni insopprimibili della sua spiritualità, da coltivare senza soste.
Chiave di tutto è la compassione che viene da lontano, dal Vangelo. Niente di effeminato; compassione è vedere ed intenerirsi delle sofferenze altrui fino a commuoversi e servirlo.