Sarà l’augurio che farò ai miei parrocchiani nell’Omelia di Pasqua: prendere le distanze. Alla base c’è un’evidenza, per quelli che sono nei racconti della Passione e per noi moderni: viviamo troppo attaccati alla nostra vita, passando gran parte del tempo allo specchio. Il mondo ce lo ricorda spesso: non buttarti via e non gettare via nulla che sia tuo!
Conti tu e il tuo mondo: corpo, immagine, sentimenti, idee, esperienze fatte, relazioni.
Arriveremo mai a capire che, per tanto che ci sembri vario, soddisfacente o tormentoso, il nostro è pur sempre un piccolo mondo? Pasqua è l’occasione per guardare a Colui che, perdendo la vita, si è liberato ed ha liberato.
Prendere le distanze dal proprio passato; per il Signore questa distanza ha un nome bello, si chiama perdono.
Anche dal nostro presente; non è il nostro posto definitivo. Non siamo venuti al mondo per fermarci a ciò che siamo e abbiamo oggi. Siamo nati per quella che Gesù chiamava eternità, altro nome splendido. Perdiamo tutto se ci dimentichiamo dell’eternità.
E dal futuro? Sì, soprattutto dal delirio del futuro: i nostri sproporzionati desideri, le paure, le preoccupazioni su noi stessi. Mette paura il futuro quando abbiamo un bene da conservare, piuttosto che una vita da dare. Sul futuro la parola nuova da usare è fiducia. Può andare come Buona Pasqua?
don Fabio