Così diceva la formula usata per l’imposizione delle Ceneri: “Ricordati che sei polvere e che in polvere ritornerai”. Oggi si preferisce la formula meno graffiante: “Convertiti e credi al Vangelo”.
In realtà le parole della formula più antica non esprimono un castigo, ma dicono cosa è l’uomo se guarda se stesso senza una ‘parola’ che ne sveli in qualche misura il significato nascosto.
Se uno guarda solo la propria vita che può dire? E’ un vivente destinato a morire; corrono veloci più della spola i suoi giorni e subito finiscono, direbbe Giobbe, come per mancanza di filo.
Già questa è una prima conversione: ricordarsi di essere polvere; e ci si libera dalla possibile arroganza di dare un senso a se stessi senza Dio. Mi pare che guardare spietatamente la propria precarietà sia il modo migliore per liberarsi dalle illusioni e dalle invidie; come pure dalla paura dei potenti e dalle voci del mondo.
Cantiamo spesso il Salmo 8 in cui il salmista si chiede: “Ma che cosa è mai l’uomo perché tu, Dio, te ne dia pensiero?”. Guarda verso Dio e si fa questa domanda; già perché se guardasse se stesso riconoscerebbe di essere solo polvere. Invece guarda a Dio e si accorge di una verità che lo riempie di meraviglia: sarà pure nullità quest’uomo, ma Dio si ricorda proprio di lui, è sospeso alla tenace memoria di Dio, che non dimentica e non trascura, che non sorvola…
Se paragono me stesso all’immensità del cielo, dice il salmista, al tempo, alla morte, al ciclo delle generazioni, al numero sterminato di vite umane che passano…non sono nulla; ma guardo Dio e mi rendo conto che si preoccupa di me.
È qui la seconda conversione: mutare direzione al proprio sguardo. Solo chi guarda Dio vive.
Il Salmo 90 dice che l’uomo è come “l’erba che germoglia al mattino; a sera è falciata e dissecca”. Dice, cioè, della condizione umana che al suo mattino sembra carica di futuro, attraversata da una incredibile energia. Ma precaria. Ora: tutto il Vangelo dice che Dio ha amato la precarietà. Mercoledì riceveremo le ceneri sul capo, faremo così memoria del nostro nulla e del suo amore.
don Fabio